IL CASO DEL RIO E IL RISPETTO DELLA STORIA

La vicenda che da una settimana ha visto protagonista l'ex sindaco di Reggio Delrio, per quasi dieci anni sindaco della città decorata medaglia d'oro per la Resistenza e che ha concesso una medaglia ad un fascista (persino per ammissione del figlio), da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, evidenzia ancora una volta quella che è, prima di tutto, la conoscenza della storia da parte delle istituzioni della Repubblica e in secondo luogo, ma non per questo meno importante, il rispetto che queste istituzioni hanno per la storia del nostro Paese.
Appurato persino il falso storico, riguardante il caso di Paride Mori, che fa il paio con altri casi simili che si susseguono da qualche anno a questa parte, come il penoso mausoleo, poi sconfessato, eretto a postuma memoria in onore del macellaio torturatore fascista Graziani in quel di Affile, rimane disarmante (anche se l'eufemismo è d'obbligo) la cognizione che le istituzioni di questo Paese, dalla più piccola alla più grande, hanno della storia e del rispetto della memoria. Della storia e della memoria della Resistenza, perchè è da lì che esse provengono, perchè la Costituzione antifascista è nata dalla Resistenza, perchè la generazione dei padri costituenti era in stragrande maggioranza la generazione che aveva fatto una Lotta di Liberazione costata sacrifici piuttosto pesanti, anche se dopo 70 anni, parrebbe essere diventato più semplice banalizzare storia e memoria, anzichè mantenere ferme distinzioni inconciliabili, con meriti e demeriti annessi. Ecco, oggi le istituzioni e il caso Delrio ne è l'esempio, sono le prime ad essere complici di letture paranoiche della storia, anzichè essere le prime a respingerle. Presentarsi sui palchi del 25 aprile col fazzoletto dei partigiani al collo, una volta ogni tanto, per accaparrarsi le luci dei riflettori del momento, è lampante quanto resti soltanto un gesto ipocrita, se le azioni che ne conseguono sono come questa. La bolsa retorica del sangue dei vinti fa parecchio sorridere se la storia non portasse intatto il suo pesante bagaglio di lutti e tragedie anche a settant'anni di distanza. La propaganda degli storici arrabattati all'ultima ora, chissà perchè ogni volta, nell'assurgere a martiri coloro che consapevolmente stavano dalla parte di un esercito invasore, ovvero sia quello nazista, omettono sempre vent'anni di dittatura fascista e venti mesi di eccidi e stragi in nome del fascimo e per conto di Hitler, da Marzabotto alle Fosse Ardeatine, da Boves a Cervarolo. Sempre con la fattiva e complice collaborazione delle soldataglie di Mussolini al servizio dei nazisti. Cetinaia di migliaia di morti per la guerra voluta da Mussolini ancor prima che da Hitler. Per quanto dopo 70 anni la si voglia banalizzare al prezzo della pacificazione, della memoria condivisa e sciocchezze simili, la storia non ammette deroghe o sconti, perchè le sue sentenze le ha emesse già settanta anni fa. Per quanto la si voglia ribaltare per il tornaconto dei governi e della politica del momento, la storia non è uno scherzo e le istituzioni dovrebbero essere le prime ad essere vigili e a mantenere la schiena dritta. Purtroppo non è così, gli anni che ci separano da quei fatti sono tanti ed allo stesso modo sono tanti i kilometri che dagli scranni di Palazzo Chigi ci separano dalla nostra città, invero pochi quando si tratta di prendere voti e che diventano un abisso quando è ora di dar seguito alle promesse della campagna elettorale, specie quando dopo 70 anni si vorrebbero processare i martiri.
Alessandro Fontanesi
Segretario provinciale
PARTITO COMUNISTA d'ITALIA
Reggio Emilia