Quello del 30 maggio si preannuncia essere uno sciopero epocale del comparto scuola italiano. Dopo l’inizio della smantellazione della scuola pubblica iniziata dal governo Amato con il decreto legge 29/1993 che disciplinava il pubblico impiego, il governo Draghi, non eletto dai cittadini, con fare liberista ma liberticida, impone con un decreto legge, DL36/22, la sua autorità sulla scuola senza dare ascolto né ai lavoratori della scuola né alle necessità dei cittadini che la scuola deve istruire. FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams chiamano la categoria allamobilitazione contro l’invasione di campo operata dal Governo in materie come salario e carriera, che sono di esclusiva competenza della contrattazione.
L’Esecutivo, facendosi scudo di una presunta e indimostrata indicazione dell’Unione Europea, è intervenuto in materia di salario e di carriera varando un Decreto Legge che introduce percorsi di formazione incentivata con valutazione finale.
Si tratta di un’ipotesi elaborata fuori da ogni sede di confronto, divisiva della categoria e come tale del tutto inaccettabile.
È infatti la Contrattazione Collettiva Nazionale a dover regolare salario e carriera del personale docente, educativo e ATA: il Governo, su queste materie, ha la possibilità di intervenire attraverso i propri atti di indirizzo, ma lasciando alla contrattazione tra Sindacati e ARAN la determinazione dei contenuti del contratto. È in questo modo che si garantisce il protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori, attraverso le proprie rappresentanze, nella regolazione del proprio rapporto di lavoro: la scelta di intervenire per decreto, in aperta violazione delle disposizioni di legge, rappresenta un’autentica invasione di campo e, come già avvenuto in altre occasioni, compromette tale possibilità, generando inevitabilmente tensioni e conflitti che si riflettono negativamente sull’andamento delle attività didattiche e in generale del servizio scolastico.
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