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  • Di Lamberto Lombardi, Segretario Provinciale PCI Brescia - Comitato Centrale PCI

     

    Quest’ultimo esito elettorale è stato festosamente accompagnato, come tutti gli altri degli ultimi vent’anni, dalle considerazioni della quasi totalità della carta stampata in merito alla fine del Novecento, dei partiti, delle appartenenze, della sinistra, della prima o seconda Repubblica.

    E gli elementi a sostegno di queste tesi, in verità, sembrerebbero tanti anche se crediamo che, piuttosto, siano giunti al capolinea gli effetti del trascinamento esercitato passivamente dai simboli di quel passato, siano essi politici , sindacali o cultural – politici come l’antifascismo.

  • Sarkozy risorge ed il centro-destra vince le elezioni regionali in Francia. Detto così è quasi una non notizia, perché non esisteva ragione al mondo, tra quelle di natura politica, per cui le potesse vincere il partito socialista.
    La notizia semmai è un risvolto italiano della vicenda: Berlusconi conta su questa vittoria, vuole  risorgere anche lui. Ed il silenzio subito gli è calato d'attorno perché chi glielo dice,  adesso, che un Sarkozy in Italia c'è già, e si chiama Renzi? Casomai Silvio dovrebbe provare a fare come la Le Pen, magari con l'aiuto di Salvini, lì il campo è abbastanza libero.

  • Qualche giorno fa, nella riposta che abbiamo inviato come Comunisti Italiani veneti alla richiesta del segretario regionale del PD di lavorare a un programma comune per le regionali, abbiamo tentato di spiegare la distanza incolmabile tra le posizioni politiche dei due partiti. Distanza che impedisce qualsiasi accordo. Abbiamo sollevato, prioritariamente, il problema della “questione morale” e di quelle, ormai abituali, forme di finanziamento delle campagne elettorali da parte di ricchi privati che potrebbero configurare un conflitto di interesse, che sostituiscono il finanziamento pubblico e che sono inaccettabili per chi si propone di rappresentare chi vive del proprio lavoro.

  • Le elezioni regionali di novembre, Emilia-Romagna e Calabria, esprimono dati drammatici di astensione e di spostamento a destra dell'elettorato . La crisi sociale morde e lascia il segno.

    Coloro che si riconoscono nel governo diventano gruppo sempre più sparuto ancorché preponderante, degna rappresentazione di una oligarchia: una vittoria di minoranza.

    In una Regione Emilia Romagna falcidiata dalle condanne e dagli avvisi di garanzia, va a votare solo un elettore su tre e la maggioranza, che si attesta al 50%, viene espressa da un elettore su sei. Non si sono mobilitate né le strutture del PD (in disarmo evidente, un disarmo evocato dal premier), né quelle del sindacato.