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Il conflitto tra capitale e lavoro è una vera e propria guerra

Scritto da PCI Fed. Brescia.

 
 
Nel conflitto tra capitale e lavoro, vera e propria guerra in atto nei luoghi di lavoro, chi vive del proprio lavoro continua a morire.

Le cause sono evidenti:
- mancanza di sicurezza,
- ritmi di lavoro sempre più alienanti,
- retribuzioni insufficienti a condurre una vita decente,
- cancellazione di diritti,
- crescente precarietà,
- competizione e divisione tra i lavoratori,
...
in poche parole, brutale sfruttamento che lavoratrici e lavoratori devono subire per sopravvivere.

Tutto in nome "dell'impresa" e "del profitto".

Nella guerra in atto non esiste alcuna "pace", nessuna "tregua".

Anche ieri ennesimo "black friday" per i lavoratori: i morti nei luoghi di lavoro sono stati almeno tre (da quanto riporta l'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro:  "A Roma è deceduto Sabri Buski un operaio kossovaro di 25 anni che è rimasto incastrato o fra la piattaforma aereasu cui lavorava e un balcone della facciata di un edificio che stavano ristrutturando." - "Lungo  ferroviaria tra Milano e Brescia un operaio di 35 anni è stato investito da un treno che l'ha ucciso all'istante. Il lavoratore era dipendente di una ditta esterna." - "In provincia di Ragusa ha perso la vita Salvatore Sangiorgio che è morto dissanguato dopo essere stato travolto dalla motozappa con la quale stava lavorando.")

Da inizio anno a ieri sera i morti nei luoghi di lavoro sono, in Italia, 651 (17 in più rispetto al totale dei morti di tutto il 2017). Nel Veneto (che guida la tragica classifica dei decessi) i morti nei luoghi di lavoro da inizio anno sono 64.

Nessuno dei "governanti del popolo (sic)", fa nulla. Neppure dice qualcosa.
Postano gattini nei social, esultano a pugno chiuso (insultando in maniera indegna il simbolo dell'unità della classe che vive del proprio lavoro) in parlamento, parlano a vanvera, producono leggi e decreti che impediranno ai lavoratori di protestare e lottare per condizioni di lavoro perlomeno decorose (cfr decreto "sicurezza" di Salvini) ...

Ci fanno credere che siamo tutti sullo stesso piano, lavoratori e padroni, e intanto chi vive del proprio lavoro muore per il profitto di qualcuno, in un sistema che fa dello sfruttamento la sua ragione d'essere e del profitto l'unico idolo da adorare.

Rendiamoci conto che, per lorpadroni e per i governi a loro asserviti, il lavoro (garantito, sicuro e ben retribuito) è considerato nulla di più un costo che deve essere tagliato. Lo sfruttamento (se non ricominceremo a lottare ed agire, se non ricominceremo ad esigere dai sindacati - CGIL in primis - un'azione decisa, una lotta degna di questo nome) sarà sempre più pesante e sarà l'unica forma di rapporto di lavoro. Chi vive del proprio lavoro non avrà altro futuro che quello di servive un padrone e sperare nella sua benevolenza. Altro che modernità e progresso.

Giorgio Langella (PCI veneto)
 
 

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